I timori di un’altra crisi bancaria in stile 2008 sono riemersi di recente dopo che il gigante bancario UBS è intervenuto per acquistare il rivale Credit Suisse, colpito dalla crisi, mentre le autorità statunitensi sono intervenute per mediare un pacchetto di salvataggio da 25 miliardi di euro per First Republic.
I mercati azionari si sono innervositi, con preoccupazioni per cui fallimenti isolati possano allargarsi fino a colpire il sistema bancario globale, facendo rivivere i brutti ricordi della crisi finanziaria che ha fatto sprofondare molte economie occidentali nella recessione del 2008-2009.
La notizia giunge dopo il crollo della seconda settimana di marzo 2023 della Silicon Valley Bank, il secondo più grande fallimento bancario nella storia degli Stati Uniti.
Cos’è successo a Credit Suisse?
Negli ultimi tre anni, Credit Suisse ha avuto diversi problemi. Coinvolti nello spionaggio aziendale dopo aver assunto spie professioniste per seguire i dirigenti uscenti e di aver ammesso di aver frodato gli investitori nell’ambito dello scandalo dei prestiti “tuna bond” in Mozambico. Ciò ha comportato una multa di oltre 350 milioni di euro. È poi stato inoltre coinvolto nel fallimento del finanziatore Greensill Capital e dell’hedge fund statunitense Archegos Capital nel 2021.
La banca ora è impegnata in un importante piano di ristrutturazione, volto a contenere le ingenti perdite, che nel 2022 hanno raggiunto i 7,3 miliardi di franchi svizzeri, e a rilanciare le operazioni ostacolate dai molteplici scandali degli ultimi dieci anni, che hanno coinvolto presunti illeciti, sanzioni, riciclaggio di denaro ed evasione fiscale.
Cos’è successo alle banche in America?
Le azioni della First Republic, con sede a San Francisco, sono crollate il 16 marzo 2023, quando i clienti hanno iniziato a ritirare i loro soldi temendo che potesse essere la prossima a fallire, ma i titoli si sono ripresi quando sono emerse le notizie del pacchetto di salvataggio.
In una dichiarazione congiunta delle autorità finanziarie federali statunitensi si legge che 11 banche hanno accettato di pompare miliardi nell’istituto di credito per stabilizzarlo.
Le autorità svizzere hanno trovato un accordo per il salvataggio, dopo una disperata trattativa per garantire il futuro della banca ed evitare un ulteriore caos sui mercati.
L’istituto di credito è in difficoltà da molti mesi, ha chiesto aiuto al governo svizzero dopo aver rivelato di aver riscontrato una “debolezza materiale” nella sua situazione finanziaria.
Il suo principale azionista, la Banca Nazionale Saudita (BNS), ha dichiarato di non poter fornire nuovi finanziamenti a causa di un limite normativo; la notizia di tale limite ha fatto crollare le azioni dell’istituto di credito svizzero di oltre il 30% a un certo punto della giornata di mercoledì 16 marzo 2023, fino al minimo storico di circa 1,56 franchi svizzeri (1,57 euro) per azione.
Questa circostanza ci deve ricordare la crisi finanziaria del 2008?
L’economista Nouriel Roubini (il sempre popolare Doctor Doom), che aveva previsto il crollo di Lehman Brothers nel 2008, portando alla crisi finanziaria globale, ha avvertito che il mondo potrebbe essere sull’orlo di un’altra crisi sistemica. Ma il supporto del Credit Suisse è un punto chiave di differenza rispetto al caso di Lehman Brothers.
Credit Suisse è come Lehman Brothers in termini di dimensioni, complessità e importanza, ma c’è una grande differenza, se si ricorda che gli americani non hanno salvato Lehman Brothers, mentre invece gli svizzeri l’hanno appena fatto con Credit Suisse.
Questo è stato l’elemento che ha spaventato i mercati nel loro complesso nel 2008, perché non hanno sostenuto LB. Quello che abbiamo visto stavolta è che, invece, la Banca Centrale Svizzera ha detto che non permetterà un crollo disordinato. Non sappiamo ancora definitivamente quale sia il futuro del Credit Suisse, ma per ora è ancora in piedi, e sembra che la Banca Centrale Svizzera ne garantirà la tenuta per un tempo sufficiente a riorganizzare i suoi affari per il futuro.
Giova anche puntualizzare che la grande differenza tra l’attuale problema dei tassi d’interesse elevati e il 2008 è che oggi le banche centrali sono intervenute per garantire che non si verifichi un crollo disordinato. Il messaggio è assolutamente chiaro: le banche centrali sostengono le banche in difficoltà.
La banca svizzera, ampiamente considerata dagli esperti come “troppo grande per fallire“, serve principalmente clienti facoltosi e aziende piuttosto che risparmiatori comuni. Da mesi questi stavano ritirando denaro dalla banca, con un deflusso di oltre 111 miliardi di franchi svizzeri alla fine dello scorso anno. Non è stato comunque immediatamente chiaro se i ritiri dei clienti si siano intensificati in seguito al crollo del prezzo delle azioni.
Silicon Valley Bank, Credit Suisse, Deutsche Bank. E poi?
Toccherà ad altre banche la stessa sorte beffarda che ha portato al crollo di colossi della finanza come questi, che, per inciso, tutto sommato rispettavano le regole del gioco?
Tra gli esperti aleggia una certa aria di ottimismo, posizione legittima dal punto di vista finanziario perché serve a rassicurare i mercati. Ma dobbiamo fidarci? Come sempre, quando si ha a che fare con scenari così vasti e potenzialmente compromettenti, è difficile fissare dei punti fermi e fare previsioni almeno approssimative.
Tuttavia, la Bce continua a minimizzare. In una delle ultime interviste rilasciate alla stampa – a parlare è il vicepresidente della Banca centrale europea Luis de Guindos, sulle pagine del Business Post – l’istituto bancario europeo ribadisce che si tratta, oggi, di una situazione “molto diversa” da quella che abbiamo avuto nel 2008 con il crollo della Lehman Brothers e lo scoppio della bolla dei mutui subprime. Perché? Proviamo a capirlo.
Perché non ci sarà una crisi come quella del 2008?
Come spiega de Guindos, per prima cosa le banche hanno posizioni patrimoniali e di liquidità molto migliori rispetto ad allora, ben al di sopra dei requisiti minimi: la loro situazione è complessivamente più solida, anche a causa di una regolamentazione più stringente.
In secondo luogo, guardando alla situazione macroeconomica, non ci sono problemi rispetto alla competitività delle economie europee. Ad esempio, la bilancia dei pagamenti in Spagna, Grecia, Irlanda o Portogallo si trova in una posizione molto migliore. Infine, l’approccio di politica economica è diverso rispetto al 2010, 2011 e 2012.
La situazione negli Stati Uniti ha creato molta incertezza in termini di fiducia nel sistema finanziario e questo ha avuto un impatto su alcune banche, come Credit Suisse. Ma le situazioni sono molto diverse.
Nel caso degli Stati Uniti, la Silicon Valley Bank aveva un modello di business piuttosto unico. La base di prestiti e depositi era molto concentrata sulle società tecnologiche e, a causa del disallineamento della durata tra attività e passività, era estremamente esposta al rischio di tasso di interesse.
Anche per Credit Suisse ci sono stati fattori specifici. “La nostra principale preoccupazione in termini di stabilità finanziaria è la situazione dei soggetti non bancari. È così da alcuni anni ed è il punto debole del sistema finanziario. A livello di sistema, il settore bancario in Europa è solido e resiliente.
Ma quindi il sistema delle banche in Italia è sicuro?
Anche in Italia intanto è palpabile la preoccupazione per un possibile contagio al sistema bancario. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha rassicurato parlando di sistema bancario solido: “Il governo monitora, controlla, ma devo dire che il sistema bancario italiano appare solido, i problemi stanno altrove”.
“Naturalmente non trascuriamo il fatto che in un mercato globale come quello finanziario l’infezione può dilagare, quindi quello che fa il governo con le autorità di vigilanza è stare in continuo contatto e dare quello che è giusto dare come governo, cioè un segnale di fiducia e sicurezza ai risparmiatori”, ha aggiunto. “Il governo è sempre pronto per i provvedimenti: siamo inseriti in un sistema come quello europeo che ha delle regole e un sistema di controlli, ma ribadisco che fino a questo momento per quanto riguarda il sistema bancario non abbiamo segnali di preoccupazione”.
Al pari della Bce, anche Giorgetti ha ammesso che sui mercati “l’infezione può dilagare” ma “i problemi che hanno avuto ad esempio in Svizzera con Credit Suisse riguardano delle fattispecie che non sono tipiche delle banche italiane“. “Per questo motivo al momento non abbiamo segnali di preoccupazione”, ha concluso.
Questo non vuol dire che siamo completamente al sicuro da nuovi terremoti finanziari, ma dobbiamo comunque continuare ad operare per come ci sembra più opportuno e giusto in rapporto alle nostre esigenze economiche.
Se abbiamo dei risparmi e vogliamo investirli è giusto farlo, nella stessa maniera nel momento in cui abbiamo la necessità di intervenire con nuove operazioni chiedendo dei crediti alle banche.
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